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Cosa sono i cobot?

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I robot collaborativi, noti anche come cobot, rappresentano una delle innovazioni più promettenti e affascinanti degli ultimi decenni.

Ciò che maggiormente li differenzia dai robot tradizionali, confinati all’interno dei recinti di sicurezza nelle fabbriche, è che i cobot sono, invece, progettati per lavorare fianco a fianco con gli esseri umani, condividendo spazi di lavoro e svolgendo compiti in modo sicuro ed efficiente.

Ma l’aspetto più importante è che i robot collaborativi presentano numerose aree di applicazione e stanno, pertanto, rivoluzionando vari settori, dalla produzione industriale alla sanità, fino all’assistenza personale, grazie soprattutto alla loro capacità di interagire con l’ambiente circostante e con le persone in modo intuitivo e sicuro.

In uno dei nostri articoli precedenti, abbiamo visto nel dettaglio come funziona un cobot. Qui, invece, esploreremo insieme l’origine e l’evoluzione dei cobot, i materiali con cui sono fatti, le loro forme, e il motivo per cui spesso sono temuti, ma al contempo risultano così utili per l’uomo.

Storia e origine dei cobot

Anche se, naturalmente, la nozione di “robot collaborativo” è relativamente recente, l’idea di costruire macchine in grado di replicare il lavoro umano risale a secoli fa. Uno dei primi esempi di automa destinato a questo scopo, considerato da alcuni il primo robot della storia, è, infatti, una cameriera meccanica progettata da ingegnere greco vissuto intorno al 2200 a.C. Questa invenzione, anche se non paragonabile ai robot moderni, rappresenta, senza dubbio, uno dei primi tentativi di creare una macchina che potesse imitare movimenti umani complessi.

I cobot come li intendiamo oggi, invece, fanno parte di una generazione molto più recente di robot, sviluppati per la prima volta negli anni ’90. A differenza dei robot industriali tradizionali, progettati per operare in ambienti isolati per motivi di sicurezza, i cobot sono stati concepiti fin dall’inizio per interagire direttamente con gli esseri umani.

Il primo cobot propriamente detto è stato sviluppato nel 1996 da Edward Colgate e Michael Peshkin, professori presso la Northwestern University, nell’ambito di una ricerca sostenuta dalla General Motors Foundation, dalla National Science Foundation e dalla Ford Motor Company.Il loro obiettivo era creare una macchina che non solo potesse condividere lo spazio di lavoro con l’uomo, ma che fosse anche in grado di collaborare attivamente con esso, fornendo assistenza e potenziando le capacità umane.

Anche il termine “cobot” è stato coniato presso la Northwestern, esattamente dal ricercatore Brent Gillespie, nell’ambito di una competizione che aveva l’obiettivo di trovare il nome migliore per questo tipo di invenzione.

Sulla scorta di queste prime ricerche, questa nuova categoria di robot denominata, appunto, “collaborative robot” o, semplicemente “cobot”, ha, in pochissimo tempo, rivoluzionato l’industria, poiché ha permesso alle aziende di integrare le competenze umane con la precisione e l’efficienza dei robot, senza dover per forza confinare questi ultimi in ambienti separati.

Negli anni successivi, il concetto di cobot si è evoluto rapidamente, grazie ai progressi nel campo della sensoristista e dell’ intelligenza artificiale, che hanno portato alla creazione di robot sempre più sofisticati e in grado di svolgere una gamma sempre più ampia di compiti.

Di quali materiali sono fatti i cobot

I cobot, per poter operare in sicurezza accanto agli esseri umani, devono essere realizzati con materiali avanzati che siano in grado di combinare caratteristiche di leggerezza, resistenza e flessibilità.

A differenza dei robot tradizionali, che spesso utilizzano materiali molto robusti come l’acciaio per sopportare carichi elevati e operare in ambienti industriali pesanti, i cobot devono avere, infatti, una struttura che minimizzi i rischi in caso di contatto accidentale con le persone.

Uno dei materiali più comuni nella costruzione dei cobot è l’alluminio, che offre un ottimo compromesso tra peso e robustezza. L’alluminio è ampiamente utilizzato per le strutture portanti, poiché è abbastanza resistente da garantire l’integrità del robot, ma allo stesso tempo è abbastanza leggero da permettere movimenti rapidi e sicuri.

Oltre all’alluminio, i cobot spesso incorporano componenti in plastica ad alte prestazioni, come il polietilene e il policarbonato. Questi materiali plastici sono utilizzati per le parti esterne e le coperture, dove la flessibilità e la capacità di assorbire urti sono essenziali. Inoltre, i materiali plastici riducono ulteriormente il peso complessivo del robot, migliorando la sua manovrabilità.

Un altro aspetto fondamentale è l’uso di materiali compositi, che combinano proprietà di diversi materiali per ottenere strutture ancora più leggere e resistenti. Per esempio, la fibra di carbonio è utilizzata in alcune parti del cobot per la sua estrema leggerezza e la sua eccezionale resistenza alla trazione.

Infine, per migliorare ulteriormente la sicurezza, molti cobot sono dotati di rivestimenti morbidi o strati ammortizzanti in gomma o silicone nelle aree più soggette a contatti accidentali. Questi materiali contribuiscono a ridurre il rischio di lesioni in caso di urto e permettono al cobot di interagire in modo più sicuro con l’ambiente circostante.

Quali forme possono avere i cobot

I cobot hanno forme molto variabili, a seconda delle applicazioni per cui sono progettati. Tuttavia, una delle tendenze più evidenti è la crescente umanizzazione delle loro forme. Sebbene inizialmente i cobot utilizzati nell’industria fossero spesso semplici bracci meccanici con giunti articolati, oggi si assiste a un’evoluzione verso robot dalle sembianze sempre più simili a quelle umane.

In molte applicazioni industriali, i cobot mantengono comunque ancora una forma che ricorda un braccio umano, con segmenti articolati che permettono di eseguire movimenti precisi e ripetitivi. Questi cobot sono solitamente montati su basi fisse o mobili e sono progettati per operare in spazi di lavoro ristretti, dove la loro capacità di eseguire movimenti complessi in modo sicuro è fondamentale.

Tuttavia, la ricerca e lo sviluppo nel campo della robotica stanno portando alla creazione di cobot con forme sempre più sofisticate. Alcuni cobot recenti, utilizzati ad esempio in ambito sanitario o nell’assistenza di anziani o mali, sono stati progettati con un aspetto esteriore che ricorda molto da vicino l’anatomia umana.

Questo avvicinamento estetico non è solo una questione di design, ma ha un impatto diretto sulla percezione e sull’accettazione di questi robot da parte delle persone. Come riportato in alcune ricerche, robot che sembrano più “umani” tendono a essere accettati con maggiore facilità, poiché suscitano meno timori e appaiono più “empatici”.

Un esempio di questa tendenza è il robot Pepper, sviluppato dalla SoftBank Robotics, che possiede una forma umanoide e un’espressività facciale che gli consente di interagire in modo più naturale con le persone. Pepper è utilizzato in una varietà di contesti, come l’accoglienza nei negozi, la compagnia per gli anziani e l’interazione con i clienti, dimostrando come la forma e il design del robot possano influenzare significativamente la sua funzionalità e accettazione.

Lo stesso possiamo dire nel caso del robot cameriere come il nostro Regina Bot, un tipo di cobot dotato di ruote e di altre funzionalità intelligenti come luci, comandi vocali e espressioni visualizzate sul monitor, che lo rendono amichevole e cordiale, contribuendo a creare un’atmosfera accogliente per i clienti.

Il futuro dei cobot sembra dunque orientato verso forme sempre più antropomorfe, con lo scopo di migliorare l’interazione con l’essere umano. Questo cambiamento è alimentato anche dai progressi nell’intelligenza artificiale, che permettono ai robot di comprendere e rispondere in modo più naturale ai comandi vocali e gestuali.

Perché molte persone li temono

Nonostante i numerosi vantaggi offerti dai cobot, esiste una paura diffusa nei confronti dei robot in generale, una fobia che può manifestarsi in diverse forme e intensità. Questa “robotfobia” è spesso alimentata da una combinazione di fattori psicologici, culturali e tecnologici.

Uno dei principali motivi per cui i cobot possono suscitare timore è, paradossalmente, proprio la loro crescente somiglianza con l’essere umano. Questo fenomeno è noto col nome, senza dubbio molto evocativo e affascinante, di “valle perturbante”, introdotto dallo studioso giapponese Masahiro Mori nel 1970.

Mori osservò che, mentre un robot dall’aspetto umano è inizialmente percepito come più familiare e accettabile, superato un certo livello di somiglianza, esso può diventare inquietante, suscitando una reazione negativa nelle persone. Questo effetto è particolarmente forte quando i movimenti o le espressioni del robot, nonostante l’aspetto familiare, sembrano innaturali o meccanici, creando una sensazione di disagio.

Un altro motivo di timore riguarda la percezione che i robot, inclusi i cobot, possano sostituire gli esseri umani in vari lavori, portando a una perdita massiccia di posti di lavoro. Tuttavia, come sappiamo, i cobot sono progettati per integrarsi nelle attività umane, migliorando la qualità del lavoro senza eliminare l’intervento umano.

Infine, c’è la paura legata alla sicurezza. Nonostante i cobot siano progettati per essere intrinsecamente sicuri, con sensori avanzati e sistemi di controllo che minimizzano il rischio di incidenti, l’idea di lavorare accanto a una macchina che può muoversi autonomamente e svolgere compiti complessi può essere fonte di ansia.

Questa paura è, in alcuni casi, esacerbata sia dalle numerose fake news provenienti dal mondo dei social, sia dalle narrazioni distopiche presenti nella cultura popolare, in cui i robot si ribellano contro i loro creatori portando all’instaurazione di un nuovo tipo di società in cui l’uomo è dominato dalle macchine.

Perché, invece, i cobot sono utili all’uomo

Nonostante le paure che possono suscitare, i cobot offrono numerosi vantaggi e sono utili all’uomo in molteplici contesti. Questi robot sono progettati per migliorare la produttività, la sicurezza e la qualità del lavoro umano, e le loro applicazioni si estendono ben oltre l’industria manifatturiera.

In ambito industriale, i cobot sono utilizzati per automatizzare compiti ripetitivi e fisicamente impegnativi, riducendo il carico di lavoro degli operai e migliorando l’efficienza produttiva. Ad esempio, i cobot possono essere impiegati in linee di assemblaggio per operazioni che richiedono precisione, come l’avvitamento o la saldatura, garantendo risultati costanti e di alta qualità. Questo non solo allevia gli esseri umani da lavori monotoni e usuranti, ma riduce anche il rischio di infortuni sul lavoro, migliorando la sicurezza complessiva dell’ambiente lavorativo.

In ambito sanitario, i cobot stanno rivoluzionando la chirurgia e l’assistenza medica. Grazie alla loro precisione, i cobot possono assistere i chirurghi in operazioni delicate, permettendo interventi meno invasivi e con tempi di recupero più rapidi per i pazienti. Inoltre, in contesti come la riabilitazione e l’assistenza agli anziani, i cobot possono fornire supporto fisico e compagnia, migliorando la qualità della vita delle persone fragili e riducendo il carico di lavoro degli operatori sanitari.

Nel settore agricolo, i cobot possono essere impiegati per automatizzare operazioni come la raccolta dei frutti o la semina, migliorando l’efficienza e riducendo l’uso di risorse. Questi robot sono in grado di operare in modo continuo, senza necessità di pause, e possono essere programmati per adattarsi a diverse condizioni ambientali, contribuendo a una gestione più sostenibile delle colture.

Infine, nell’ambito dei servizi, del commercio e della ristorazione, i cobot sono sempre più utilizzati per compiti di assistenza ai clienti, logistica e gestione di magazzini. Ad esempio, nei grandi centri di distribuzione, i cobot possono spostare merci e organizzare gli inventari in modo rapido ed efficiente, riducendo i tempi di consegna e migliorando la soddisfazione degli utenti. Nei negozi, negli hotel e ristoranti, possono, invece, supportare i lavoratori umani nei loro compiti di presa degli ordini, consegna dei piatti  e delle merci e comunicazione e scambio con i clienti.

In generale, i cobot sono strumenti potenti che, se utilizzati correttamente, possono migliorare notevolmente la produttività e la qualità del lavoro umano. In un mondo sempre più automatizzato, la loro capacità di collaborare con l’uomo, piuttosto che sostituirlo, li rende una risorsa preziosa in molteplici settori.

Conclusioni

L’evoluzione verso forme sempre più umane e la crescente capacità dei cobot di interagire con il mondo circostante indicano che siamo solo all’inizio di una nuova era, in cui i robot collaborativi diventeranno sempre più integrati nelle nostre vite quotidiane.

Affrontare le paure e le preoccupazioni che accompagnano questa rivoluzione tecnologica sarà cruciale per assicurare che i cobot possano esprimere tutto il loro potenziale, migliorando la qualità della vita e contribuendo al progresso della società.

In definitiva, i cobot non sono semplicemente macchine, ma veri e propri partner tecnologici, progettati per collaborare con noi e aiutarci a superare le sfide del futuro!

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